05 Apr La guida di viaggi cartacea: gioie e dolori
Mentre varco la soglia dell’ennesimo ostello trovato sulla guida di viaggi cartacea, mi accorgo che la mia sete di avventura si sta facendo sempre più intensa; sono settimane che sto viaggiando zaino in spalla, eppure mi sembra lentamente che le mie giornate stiano diventando l’una troppo simile all’altra.
Poso lo zaino nella stanza e mi metto a gironzolare per l’ostello circondato da uno stuolo di viaggiatori “come me”: chi è intento a cucinare, chi a fare amicizia, però la musica che echeggia da quell’angolino è sempre un pò troppo forte e non sento mai, o quasi mai, pronunciare parole nella lingua locale: tutti si esprimono nell’idioma anglosassone, anche se nel corso della serata gruppetti sparsi si formano per nazionalità.
I discorsi spesso si ripetono: il racconto delle giornate di viaggi, i luoghi migliori da vedere, l’ostello dove tutto è più economico e poi il tal bar dove assaggiare il miglior piatto tradizionale o il tal mercato dove le stoffe sono più colorate dell’arcobaleno o il tal bus preso nella tal stazione, raggiungendola con il tal taxi: tutto è racchiuso magicamente nella guida cartacea.
Ci sono sostanzialmente due tipi di guide: la prima si legge prima di partire, ma poi la si lascia a casa, perché i suoi contenuti sono solo descrittivi delle tradizioni locali, della storia del paese, degli usi e costumi, dell’architettura etc.; la seconda invece è piena di informazioni utili: orari dei bus, i migliori bar e hotel, le migliori attrazioni, i tour operator locali più quotati, fino ai consigli sulle migliori esperienze e quando farle; questa è la guida con cui ci muoviamo da una città all’altra, perché ci aiuta a scegliere cosa fare domani mentre cerchiamo il prossimo ostello in cui riposarci oggi, dopo una lunga e divertente giornata.
Di queste guide ce ne sono molte, ma le migliori si contano sulla punta delle dita e, se siete già stati in giro per il mondo, sapete che ne esiste una utilizzata dalla stragrande maggioranza dei viaggiatori di cui non farò il nome per ragioni di pubblicità.
Ma torniamo all’ostello: mi siedo su una vecchia poltrona foderata decine di volte e ascolto con poco attenzione i discorsi che si fanno, mentre leggo un libro. Domani, o dopo domani, incontrerò di nuovo gran parte di questi ragazzi e, spesso, ci divertiremo insieme.
E’ un erasmus itinerante, una coda di viaggiatori che si srotola lungo un percorso predefinito lungo i continenti, dove esperienze, profumi, sapori, imprevisti sono già stati tutti vissuti, catalogati, riassunti e presentati al grande pubblico nomade nella guida di viaggio, in modo tale che tempi e aspettative siano rispettati; anche nella maniera occidentale di viaggiare tutto deve essere efficiente e reso fruibile; siamo i figli della pianificazione, del tempo che è sempre qualcos’altro: denaro, impegni, responsabilità, obiettivi e divertimento.
E anche quando viaggiamo abbiamo bisogno di questo: spostarci pianificando, risparmiare tempo eliminando possibili inconvenienti: oggi la mattina è dedicata al miglior museo della città e poi una capatina al più grande mercato di artigianato, verso sera aperitivo nel bar più quotato di Copacabana, ricostruito come una vineria francese anni sessanta, e poi via di corsa all’ostello dove condividere le nostre giornate con i nostri compagni viaggiatori.
Tutta colpa della guida cartacea? No certo, è solo uno strumento; tutti vi diranno che la pericolosità di un lama non è nella sua manegevolezza, nell’impugnatura ergonomica o nel suo essere ben affilata, ma nella mano di chi la impugna.
La guida cartacea è utile, nella sua capacità di semplificare un territorio, riassumerlo e renderlo accessibile a chi non lo conosca; non fa male aprirla ogni tanto per schiarirsi le idee o cercare un informazione utile. Però, secondo me, viaggiare è perdersi, utilizzare il tempo in maniera differente, lasciandosi scivolare via dalle dita il bisogno di controllare tutto e aprirsi all’imprevisto e inaspettato. Abbandonarsi al caos della vita per scoprire che ogni giorno è eccezionale a modo suo, senza una routine o un elenco di cose da fare. In questo modo gli incontri si moltiplicano, le esperienze diventano più autentiche, i luoghi visitati ci appartengono.
E, soprattutto, il viaggio si arricchisce quando diventa una scoperta personale, condotta volontariamente nel tentativo di trovare l’unica cosa che non puoi cercare su una guida cartacea: te stesso. Un giorno, seduto al lato della strada, tra due paesini dal nome impronunciabile, mentre aspetti un passaggio in macchina o una corriera scalcinata che non si sa quando arriva, si viene a creare un vuoto all’interno del quale passato e futuro poco importano; non c’è veramente nulla da fare, niente da sentire o qualcosa per cui essere impazienti, la giornata potrebbe fermarsi sul ciglio di quella strada strada e tu rimanere lì, catturato da quello che succede intorno e dentro di te.
Benvenuto nel mondo viaggiatore, amico mio, un giorno ci incontreremo. Ma non in un ostello segnalato dalla guida cartacea.
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