Il pericolo del cambiamento climatico

Il pericolo del cambiamento climatico Pachamamas

Il pericolo del cambiamento climatico

Ho letto recentemente un libro sul cambiamento climatico e l’autore sosteneva, ad un certo punto, che uno degli ostacoli principali alla soluzione del problema era dato dalla nostra incapacità di visualizzare pericoli sotto forma di concetti.

La nostra mente si trova più a suo agio nell’affrontare pericoli imminenti e visibili; così quando ci troviamo di fronte una macchina procedente nell’altro senso della carreggiata mentre sta sbandando verso di noi, la nostra reazione è immediata: il nostro cervello comunica alle nostre mani di sterzare in una frazione di secondi per evitare l’impatto salvando la vita a noi e a chi sta viaggiando insieme a noi.

Questa capacità di agire in risposta ad un pericolo imminente è frutto di un’evoluzione di milioni di anni sviluppatasi quando il nostro unico obiettivo era di sopravvivere a fronte dei pericoli legati ad un habitat ostile: bestie feroci, luoghi inospitali e pochi mezzi a disposizione per difenderci.

Le nostre capacità intellettive più raffinate si sono infatti sviluppate solo negli ultimi millenni, mentre il nostro cervello è stato influenzato per lungo tempo da condizioni esterne di cui ora non facciamo più esperienza essendo circondati da benessere, tecnologia e urbanizzazione.

Negli ultimi decenni il problema del cambiamento climatico è stato prima analizzato, poi spiegato e divulgato al grande pubblico in tutte le salse e con tutti gli strumenti possibili; però, nonostante viviamo in un periodo storico in cui le informazioni viaggiano a grande velocità e possono teoricamente raggiungere chiunque, la nostra reazione a questa minaccia sembra essere stata lenta e poco sentita.

Immaginatevi alla guida di quell’auto di cui parlavo prima, vedete il veicolo nella carreggiata opposta mentre sbanda e vi viene addosso e la vostra prima reazione, invece di sterzare, è di chiedersi: chissà se l’impatto sarà davvero così forte?

Voglio essere il primo a mettersi nella categoria degli indecisi: le proporzioni del problema sono state ormai descritte nei minimi dettagli e, per la prima volta dopo millenni, siamo alle soglie di una apocalisse climatica con la forza sufficiente per mettere in serio pericolo la vita di milioni di persone. Alcuni parlano di decenni, altri di mezzo secolo o giù di lì, ma nella sostanza tutti sono d’accordo nel confermare il disastro di cui saremo tutti responsabili se non prenderemo le necessarie misure. Eppure questo problema non riesce ad occupare la mia mente in maniera efficace. 

Qualcuno potrebbe sostenere la necessità di verificare quanto ci è stato detto dagli esperti; esistono addirittura persone pronte a negare il problema chiamando allarmisti quelli che lo denunciano. Ma, prima di tutto, quale sarebbe l’interesse di questi cosiddetti menagrami? Scienziati, ricercatori, specialisti del settore, tutti in coro si sarebbero svegliati una mattina con l’intento di angosciare le nostre vite: non mi sembra una ricostruzione verosimile.

I dati, poi, sono alla portata di tutti: l’effetto nocivo dei gas serra, l’aumento esponenziale della temperatura terrestre, lo scioglimento delle calotte polari e il conseguente innalzamento dei mari; inondazioni, tsunami e altre violente manifestazioni della natura stanno già moltiplicandosi e riempiendo le prime pagine della stampa mondiale.  Il clima sta cambiando repentinamente e, se non volete credere ai racconti di nonni e genitori, non potete non avere notato almeno i cambiamenti vertiginosi di temperatura da un giorno all’altro, le ondate di calore o gelo inaspettate, i mesi invernali caldi e assolati con poca neve. 

Allora non sono le prove a fare difetto e nemmeno la credibilità di chi queste prove le sta diffondendo in maniera spesso disinteressata. Mettiamoci nei loro panni per un momento: pensate quanto sia difficile in questo momento essere un esperto in materia e vedere nel lungo periodo gli effetti nocivi di comportamenti evitabili; quanto sia scoraggiante prevedere l’ondata di disastri e situazioni drammatiche a cui andremo incontro senza poter fare molto per evitarlo. 

L’abbiamo sperimentata tutti questa sensazione guardando un film, me ne vengono in mente parecchi, dove il protagonista sbandiera un pericolo evidente a tutti, agli spettatori in primis, di cui gli altri protagonisti della pellicola non si rendono conto per scarsa attenzione, pigrizia o chissà quale altro motivo, pagandone poi le amare conseguenze. Quante volte guardando uno di questi film non siamo saltati sul divano gridando ad alta voce: ma perchè, mannaggia, non lo state ad ascoltare!?

Per il film della nostra vita, in quanto abitanti di questa terra, non vorremmo mai avere degli spettatori che ci guardino pensando: ma questi proprio non lo capiscono cosa sta succedendo e alla velocità con la quale sta succedendo…

Non è sempre facile svegliarsi alla mattina con le idee chiare sul da farsi, ma, soprattutto, come sosteneva lo scrittore citato in questo articolo, il nostro cervello non è sufficientemente allenato per affrontare con determinazione e efficienza problemi concettuali, non sempre visibili o evidenti. Ad un certo punto dovremo però imparare a farlo e forse questo è il momento più giusto.

Aspettarsi una soluzione dall’alto potrebbe in questo caso non essere sufficiente; i nostri sistemi sociali e politici ci hanno ormai abituato ad una certa pigrizia civica: in fondo quello che viene richiesto è che ognuno si dedichi alla propria vita individuale o familiare, contribuendo alla società secondo le proprie inclinazioni o ambizioni, in cambio di una amministrazione generale delle nostre vite rivolta, nel migliore dei casi, al benessere materiale e alla sicurezza fisica.

Sulla base di quello che ho letto fino ad oggi, questa volta non potremo solo affidarci alle capacità dei nostri legislatori: prima di tutto perchè il problema è su scala mondiale e, al momento, non esistono autorità competenti che possano prendere decisioni tempestive, efficaci e obbligatorie per tutti. In secondo luogo, perché fare affidamento, nella stessa misura, su tutti i governi e le autorità competenti dei paesi coinvolti è rischioso: ad esempio, il presidente di uno dei paesi più potenti e avanzati al mondo (i.e. Stati Uniti d’America) continua a negare il problema con slogan biasimevoli, ritenendolo solo il capriccio di intellettuali pedanti e di parte.  

La soluzione del problema richiede, quindi, l’impegno di tutti e non solo di chi potrebbe ideare delle politiche sociali ed economiche favorevoli a risolverlo; infatti, la tempestività nell’agire in questo questo caso è di assoluta importanza perchè, superato un certo confine ancora non ben tracciato, potremmo trovarci nella situazione di non potere più rimediare al danno provocato. 

Secondo molti esperti le tre azioni più immediate, efficaci e alla portati di tutti sono: ridurre il consumo di carne, uova e prodotti derivati dal latte, evitare il più possibile l’utilizzo della macchina e ridurre gli spostamenti in aereo. Quali e quante delle soluzioni proposte ci sembrano le più realizzabili sta a noi deciderlo; l’importante per il momento è prendere consapevolezza del problema, vedendo la macchina mentre sta invadendo la corsia opposta. 

Le mani sul volante sono le nostre.

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